La storia della parrocchia
Come è nata la nostra parrocchia? ancor prima che venisse eretta la prima chiesetta di Piazza Amendola il servizio delle Sante Messe veniva svolto negli spazi della scuola elementare costruita il via Gramsci, a poche decine di metri dall'attuale collocazione della chiesa. La scuola, allora, aveva due sole aule al primo piano: in un’aula c’erano tre classi e nell’altra due. Al piano terreno dell’edificio, in una stanza era situata la prima “chiesa” di Oste, che in realtà era una cappella, tenuta sempre in modo semplice ma decoroso dove venivano celebrate le SS. Messe e le funzioni religiose. Al suo interno c’erano una ventina di sedie di quelle impagliate, una diversa dall’altra.
Le funzioni religiose erano svolte dai Parroci della vicina cittadina di Montemurlo; la parrocchia, infatti, era unica e dipendeva da quella del “Sacro Cuore” di Montemurlo. In questa cappellina si alternavano i sacerdoti don Furio Fabbri preposto di Montemurlo e il nuovo cappellano don Mauro Baldi.
Le celebrazioni in questo luogo sono andate avanti finché non fu edificata la chiesetta di via Oste nell’ottobre 1962.
Nei primi anni ’70 la frazione di Oste contava oltre 1.000 abitanti; era, dopo Montemurlo, il centro del Comune più popoloso e logisticamente la più lontana dalla sede parrocchiale del “Sacro Cuore” di Montemurlo. Divenne forte, quindi, la necessità di trasformare in parrocchia autonoma Oste, frazione che cresceva a dismisura.
A nord del territorio parrocchiale c’era Albiano, un’altra piccola parrocchia che aveva subito il processo inverso di precoce spopolamento. Si pensò allora di trasferire la sede di quest’ultima ad Oste, che pertanto diventò dal 24 settembre 1970, Parrocchia di “San Pietro in Albiano” ad Oste; solo il 3 dicembre 1980 la Parrocchia ricevette il suo riconoscimento civile, appellandosi definitivamente “Parrocchia di Oste”.
Con l’istituzione della nuova parrocchia, arrivò anche il primo parroco don Mauro Baldi, nominato dal vescovo di allora, Mons. Mario Longo Dorni. Il nuovo parroco era conosciuto già nel nostro paese grazie alla funzione di cappellano che aveva svolto a Montemurlo.
Non è però sufficiente un atto legale per far nascere una comunità. A questo scopo ci si rende subito conto che il lavoro da compiere è veramente grande. La grossa immigrazione porta anche in campo religioso le sue difficoltà. Infatti sono riuniti in Oste credenti provenienti da comunità sparse in tutta Italia. Ognuno porta con sé il bagaglio delle proprie abitudini e delle proprie tradizioni. Spesso si rimane solo per pochi mesi o per uno o due anni. I problemi umani: casa, lavoro, sicurezza economica, sono in primo piano. La realtà religiosa, già in crisi per il mutamento di ambiente, spesso cade in secondo piano.
Per poter incidere in questa realtà, per poter portare a far risaltare la parola di salvezza del Cristo, il lavoro dovrà essere condiviso e partecipato da tutta la comunità. Ogni credente dovrà fare la sua parte. Nascono allora i primi gruppi di catechisti, come sorge il gruppo caritativo a prender coscienza della realtà del paese. Si abbozza un primo piano per “essere Chiesa”.
Così scriveva don Mauro, dopo alcuni anni dal suo insediamento a Oste:
"A 10 anni di distanza dal decreto vescovile, alcune cose sono diventate realtà; altre rimangono da fare. D’altra parte la crescita come comunità non conosce soste. Davanti a noi il desiderio e l’impegno a diventare una comunità che si nutre di fede, che si sorregge con la speranza, che vive con carità.
Una comunità di abitanti uniti non solo perché partecipi dello stesso territorio, ma impegnati a sentirsi sempre un insieme di fratelli che condividono le stesse gioie e le stesse preoccupazioni, che scoprono insieme la loro vocazione di figli di Dio. Una comunità che senta la responsabilità di essere “sole e luce” e che cerca pertanto di essere sempre all’altezza della propria missione.
Una comunità che dovrà sentirsi sempre partecipe dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale del Cristo. Impegnata cioè a portare la sua realtà a Cristo e Cristo nel proprio ambiente; a far risaltare sempre preminente la parola di salvezza del Cristo; a far emergere sempre il bene. Questa è l’unica strada per far sì che ad Oste ci sia una Chiesa viva".
La breve storia di Oste
La parte pianeggiante a sud del castello della Rocca era denominata “Il Pantano”: indicava non solo la zona palustre di un tempo - poi bonificata - ma anche il luogo che diede il nome ad un fortilizio oggi purtroppo scomparso che esisteva nel XIII secolo. La costruzione era di proprietà della famiglia Cancellieri di Pistoia, ed era dislocata nella zona tra piazza Oglio e l’attuale via Scarpettini. Nella parte più bassa del territorio, confinante con l’attuale Via Pistoiese vi era anche un piccolo borghetto di case (sei in tutto), e questa località era denominata Oste.
Il nome Oste deriva da “osteria”; infatti, all’interno del suddetto borghetto, sorgeva un antica osteria che è esistita per tanti anni fino alla sua scomparsa alla fine del 1700. Cio è ancora noto alle famiglie originarie del paese e da loro ci viene riportato per tradizioni orali. L'esistenza dell'osteria è anche confermata da una novella dello scrittore fiorentino Franco Sacchetti ambientata nel Pantano nel XV secolo. L’osteria era situata nel vecchio borghetto di case in prossimità di Via Pistoiese. Oggi, lì dove era collocata, si trova un noto gommaio.
L’attuale strada principale, così come il paese, hanno preso il nome dall'osteria, tant’è vero che fino agli anni ’60 l’attuale Via Oste si chiamava “Via Dell’Oste”.
Oste oggi è un paese moderno cresciuto con il boom economico degli anni ’60: ha però un cuore antico. Proprio questa zona ha visto molti secoli fa gli eserciti accamparsi per poi dare l’assalto al castello di Montemurlo; tale tesi veniva sostenuta anche dal vecchio parroco di San Michele (Agliana), famoso studioso di storia locale deceduto alcuni anni fa.
Negli anni ’50 e ’60 la zona del Pantano subì una radicale trasformazione industriale e per questo il vecchio borghetto di case è stato inglobato nell’attuale Oste.