Il Consiglio Pastorale

Il Consiglio pastorale parrocchiale (Cpp) condivide e pone come orizzonte del proprio essere e del proprio operare i seguenti orientamenti dottrinali, a cui intende costantemente ispirarsi e richiamarsi:

- La Chiesa sacramento universale di salvezza
- L’ecclesiologia e la spiritualità di comunione
- La centralità della parrocchia
- La formazione alla comunione e alla corresponsabilità
-Il Progetto pastorale, espressione di comunione e di unità di azione
- L’attuazione sapiente del “Consiglio” e del “Presiedere”
- I beni economici, strumenti a servizio della pastorale

Leggi lo Statuto e Regolamento per i Consigli Pastorali Parrocchiali

MEMBRI DEL CONSIGLIO PASTORALE:

don Simone Amidei

Teresa Z.

 

Daniele M.

Eleonora M.

Caterina G.

Anna Maria B.

Francesca G.

Preambolo Teologico-Pastorale

LA CHIESA “SACRAMENTO UNIVERSALE DI SALVEZZA”

La Chiesa, in quanto sacramento universale di salvezza (cfr.LG.1) è segno, presenza germinale o primizia e annuncio del Regno di Dio, il grande progetto del Padre sull’umanità fin dalla creazione dell’universo.

La Chiesa, quindi, ha la missione di proclamare l’avvento di questo Regno e di attuarne e testimoniarne la crescita nella storia. E la comunità cristiana trova il significato ultimo dei propri sforzi e dalla propria azione nell’affermare i valori di questo Regno: la fraternità, la bontà, il perdono, l’unità, la libertà, la giustizia, la pace, la felicità, la vita, l’amore.

La Chiesa, dunque, realizza la sua missione nel mondo rendendo presenti in mezzo agli uomini i quattro grandi doni di cui è portatrice, che rivelano la presenza del Regno di Dio: il servizio, o diaconia, come modo nuovo di vivere le relazioni e l’amore univer- sale anche tra i popoli e le nazioni; la comunione e la convivenza fraterna, cioè la koinonìa, come modello e modo di essere ideale per le comunità cristiane ma anche per la concordia tra i popoli; la profezia, o martyrìa, ovvero l’annuncio confessante e liberante del Vangelo; la liturgia ossia il Regno annunciato e celebrato in un insieme di riti che manifestano una vita in pienezza.

Il Consiglio pastorale, consapevole di questa visione di Chiesa si pone a servizio della crescita della comunità ecclesiale mediante il suo modo di essere e di operare, che ha nella dimensione della Comunione la sua vera identità e la sua ragione di essere.

LA CHIESA COMUNIONE A SERVIZIO DEL MONDO

La Chiesa non è semplicemente aggregazione umana, ma è opera trinitaria: ha, infatti, nella Trinità la sua fonte e il suo modello.
E’ popolo di Dio che vive e cammina con tutti gli uomini nella sto- ria; è comunità dei credenti uniti a Cristo ed ha nella gerarchia lo strumento che opera tale unione.

In quanto popolo di Dio, la Chiesa è, dunque, realtà di comunione, che si esprime attraverso la corresponsabilità di tutti i fedeli nellasua vita e nella sua missione.
E perché comunione, la Chiesa è anche il primo “sacramento”. Ne consegue che impegno prioritario della comunità cristiana è cercare in tutti i modi di realizzare e vivere la comunione.
In un mondo lacerato dal peccato, in una umanità frazionata e ribollente di contrapposizioni e di guerre, la Chiesa è chiamata a vivere e a offrire la testimonianza della comunione, come “convivialità delle differenze”.
Le diversità nella Chiesa, tra le singole persone, i gruppi, i movimenti, le istituzioni e i carismi, devono rivelarsi non come sor- gente di tensioni o di divisioni, bensì come occasione e stimolo alla comprensione reciproca, alla collaborazione, alla comunione. E questo non per motivi pratici, di efficienza, di esemplarità o di scelte umane intelligenti, bensì per ragioni teologiche: Dio si è rivelato, infatti, come Unità nella Trinità, come massima “convivialità delle differenze”: e perché è l’Eucarestia che fa la Chiesa. L’Eucarestia “è istituita perché diventiamo fratelli; (...) perché da estranei, dispersi e indifferenti gli uni agli altri, noi diventiamo uniti, eguali e amici; è a noi data perché da massa apatica, egoista, gente fra sé divisa e avversaria, noi diventiamo un popolo, un vero popolo, credente e amoroso, di un cuore e di un’anima sola” (Insegnamenti di Paolo VI, 1966, III, p. 358).
La comunione operativa è costitutiva della Chiesa e l’unità e l’armonia che si vivono in essa sono potenza evangelizzatrice ed evidenza convincente ed avvincente di Vangelo.
Questa ecclesiologia di comunione, fonte della comunità e dell’amore fraterno, è l’origine, la culla e la matrice da cui nasco- no, vivono e si nutrono i Consigli della partecipazione ecclesiale.

Il Consiglio pastorale opera, dunque, nella consapevolezza che, in virtù dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana, esiste (vige) una vera uguaglianza di tutti i fedeli nella dignità, nell’agire e nella universale vocazione alla santità, pur partecipando all’edifica- zione del Corpo di Cristo ciascuno secondo la propria specifica vocazione (cfr. LG.32).

Il Consiglio pastorale, pertanto, è l’espressione dell’unità dei distinti ossia del fatto che i cristiani e i loro pastori sono dei fratelli uguali in dignità, diversi quanto a funzioni e solidalmente responsabili della vita e della missione della Chiesa.

Nell’esercizio di questa responsabilità il Consiglio opera e vive coniugando il principio sinodale e quelli gerarchico.
E’ quindi finalità generale del Consiglio quella che il Papa Giovanni Paolo II indica a tutta la Chiesa nella “Novo Millennio Ineunte”: fare della comunità cristiana “la casa e la scuola della comunio- ne”, e promuovere nella stessa comunità cristiana e al proprio interno la “casa e la scuola della comunione”, e promuovere nella stessa comunità cristiana e al proprio interno la “spiritualità della comunione” (cfr. NMI, n. 43), per superare le tentazioni che continuamente insidiano e generano competizione e diffidenza, rivalità, divisione e gelosie.

LA CENTRALITÀ DELLA PARROCCHIA

La Chiesa verso la quale il Consiglio guarda e che si impegna a servire e a costruire è una comunità di discepoli, chiamata e mandata: è popolo di Dio missionario nella storia e nel territorio, che assume la comunione e la sinodalità come stile dei rapporti intraecclesiali e l’Evangelizzazione come impegno di carità versoil territorio e di servizio necessario al Vangelo.
Il Consiglio si pone, perciò, a servizio della Chiesa che ha nella parrocchia l’espressione della sua presenza e della sua missione per la vita della gente. Essa è, infatti, “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” (ChL, n.26) e “opera profondamente inserita nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi”, diventando “la casa aperta a tutti e al servizio di tutti” (ChL, n.27).
Ove più parrocchie siano chiamante a dare vita ad una Unità pastorale, si devono prevedere e attuare forme di collaborazione e di coordinamento tra i Consigli pastorali preesistenti, fino alla costituzione, nel rispetto dei tempi di maturazione necessari, di un unico Consiglio dell’Unità pastorale.
Questo Consiglio dell’Unità pastorale, quindi, deve essere ricer- cato con impegno e volontà; deve altresì, essere adeguatamente preparato e diventerà eventualmente operativo dopo aver percorso tutte le fasi necessarie per la crescita, l’affermarsi e lo sviluppo dell’unità pastorale medesima.
In questo caso lo Statuto va ovviamente adattato, tenendo conto della realtà locale e della necessità di garantire comunque a ogni comunità parrocchiale, non solo una specifica cura pastorale, ma anche un adeguato coinvolgimento e una soddisfacente rappresentatività del Consiglio di Unità pastorale.

LA FORMAZIONE ALLA COMUNIONE E ALLA CORRESPONSABILITÀ

L’impegno per una formazione essenziale e di base, necessaria ad ogni laico per vivere da cristiano le vicende della vita, è servizioindispensabile perché una parrocchia possa attuare la scelta di una Evangelizzazione aperta e offerta a tutte le persone presenti nel territorio in cui vive e opera la comunità dei cristiani.
Questo impegno formativo è teso a rendere i laici consapevoli della loro identità e della loro missione, dei contenuti essenziali della fede cristiana, delle caratteristiche e delle attese del tempo e delle persone a cui ci si rivolge, ed è richiesto dalla condizione oggettivamente missionaria che stiamo vivendo.

Altrettanto impegno formativo deve essere rivolto in forme spe- cifiche, differenziate e progressive, verso quei laici che sono più coinvolti nella vita della comunità cristiana e che, con servizi diversi, la arricchiscono dei loro carismi.

Speciale sollecitudine e impegno devono essere espressi perché in ogni parrocchia sia presente e operante quella singolare forma di ministerialità laicale che è l’Azione Cattolica.
Il Consiglio Pastorale, dunque, non può non assumersi espres- samente e consapevolmente questo compito della formazione, concretizzandolo con iniziative proprie e assecondando, sostenen- do e rendendo operante, per quanto possibile e con la gradualità necessaria, all’interno della propria comunità, l’opera di formazione espressa dalla Chiesa diocesana.

IL PROGETTO PASTORALE

Compito precipuo del Consiglio è quello di essere luogo di rifles- sione comune, di discernimento comunitario e di progettazione pastorale, ancor prima di essere luogo di decisioni, in modo da vedere e rilevare, valorizzare e dare operatività a ciò che lo Spirito suscita nella comunità.

Strumento fondamentale per realizzare questo compito e per perseguire l’unità di azione basata su criteri oggettivi, è la predi- sposizione del Progetto pastorale parrocchiale, che la parrocchia si deve dare alla luce e in continuità con il Piano pastorale della Diocesi.

Il Consiglio, quindi, deve incamminarsi, con gradualità, ma anche con la determinazione possibile, verso l’elaborazione di questo progetto, la cui funzione è quella di:

- interpretare i bisogni religiosi e umani del territorio;


- prevedere e valorizzare la qualità e il numero dei ministeriopportuni;


- individuare mete e obiettivi possibili per la propria azione e privilegiare quelli urgenti;


- valorizzare tutti i carismi, favorirne la presenza e coltivarne lacrescita, prevenendo ogni forma di soggettivismo, ladispersione o l’egemonia di persone o di gruppi particolari;

- mantenere la memoria dei passi già compiuti;


- disporsi alla revisione-verifica annuale del cammino fatto.

Il Consiglio individua, quindi, nel Progetto pastorale l’oggetto qua- lificante e prioritario della propria attività e il riferimento centrale per ogni decisione, in modo che le sue scelte vengano prese in continuità con lo stesso e a garanzia di uno sviluppo unitario e armonico della vita parrocchiale.

IL “CONSIGLIARE” E IL “PRESIEDERE”

Il Consiglio pastorale è consapevole che il “consigliare” nellaChiesa rappresenta una necessità e costituisce un momento di fondamentale importanza della partecipazione dei laici all’azione pastorale della parrocchia in vista del comune discernimento. Sa, quindi, di essere, come stabilisce il Codice di Diritto Canonico organo consultivo, in quanto a servizio della crescita di tutti nella “comunione”, espressione della identità propria della Chiesa. Per raggiungere questa comunione sono richiesti, da parte di tutti, ascolto, umiltà, sottomissione alla Parola di Dio, conoscenza e fedeltà all’insegnamento della Chiesa.

E anche il ministero della presidenza, proprio del Parroco e da lui esercitato in comunione con i presbiteri che compartecipano alla cura pastorale della parrocchia, è proprio in funzione della realizzazione e della crescita della comunione di vocazioni, di ministeri e di carismi per l’utilità comune.

Nel caso di non significative convergenza di pareri, quando la questione in gioco non è urgente, è bene rinviare la decisone ad in momento di più ampia intesa, invitando tutti ad una più matura e pacata riflessione; invece nel caso di urgenza, è opportuno un ap- pello all’Ordinario diocesano, che aiuti ad individuare la soluzione migliore. E comunque si deve produrre ogni sforzo per ricercare almeno l’unanimità dell’accettazione di ciò che alla maggioranza sembra meglio “consigliare” al Parroco presidente.

L’eventuale non accettazione, da parte del Parroco, di un parere espresso dal Consiglio, potrà avvenire in casi eccezionali e su questioni di rilievo pastorale, che coinvolgono la sua conoscenza di Pastore e sarà motivata al Consiglio stesso.

I BENI ECONOMICI A SERVIZIO DELLA PASTORALE

I beni economici non sono una realtà neutra rispetto alla vita della comunità e alle sue scelte pastorali, ma a loro totale servizio. Sono, quindi, strumenti da utilizzare con grande discernimento, in fedeltà al Vangelo della carità, che è la legge suprema della Chiesa, in coerenza con la scelta preferenziale dei poveri e secondo le indicazioni e gli orientamenti di “Evangelizzazione e testimonianza della Carità”.

Il Consiglio per gli Affari Economici (Cae), che aiuta il parroco nella gestione dei beni materiali della comunità, deve mantenere con il Consiglio pastorale rapporti di stretta collaborazione e intesa. Per questo:

- fino ad un terzo dei membri del Cae è nominato su indicazione del Consiglio pastorale, mentre gli altri membri vengono nomi- nati direttamente dal Parroco, sentiti gli altri presbiteri addetti alla parrocchia;

- l’opera del Cae deve iscriversi negli orientamenti tracciati dal Consiglio pastorale, al quale renderà conto mediante una eventuale relazione annuale sul bilancio.

Le scelte di natura economica che hanno un forte rilievo pastorale, la saggia determinazione di quali siano necessari alla vita futura della comunità, la decisione di alienare alcuni beni che fossero di aggravio per la loro gestione, esigono che il Cae acquisisca dal Consiglio pastorale un parere previo.

Per leggere tuttoil documento clicca qui: Statuto e Regolamento per i Consigli Pastorali Parrocchiali


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